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Successione mediata di norme e responsabilità penale del titolare della struttura ricettivo-alberghiera per omesso versamento dell´imposta di soggiorno
Martina Nicolino
(Cass. Pen., Sez. VI, 30 ottobre 2020, n. 30227)
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Nota di Martina Nicolino
Punto cruciale della sentenza n. 30227/20 pronunciata dalla Sesta Sezione Penale della Suprema Corte è l’analisi circa l’eventuale esistenza di una vicenda normativa di abolitio criminis a seguito della novella introdotta dal co. 4 dell’art. 180 del d.l. 19.05.2020 n. 34 (c.d. decreto rilancio) convertito nella legge n. 77 del 20.07.2020 che ha inserito il co. 1 ter nell’art 4. d.lgs. 14.03.2011 n. 23[1]. Tale comma modifica il ruolo del gestore di struttura ricettiva nella riscossione del tributo di imposta di soggiorno da riversare all’amministrazione comunale competente a riscuoterlo. Di fatto, il gestore passa da ausiliario dell’ente locale nella riscossione del tributo, che nel maneggiare pubblico denaro fungeva da agente contabile con obbligo di rendiconto, con veste giuridica di incaricato di pubblico servizio (358 c.p.), a soggetto responsabile del pagamento dell’imposta e del contributo di soggiorno con diritto di rivalsa sul fruitore del servizio, secondo le modalità tipiche della figura del responsabile d’imposta di cui all’art. 64 TUIR. Di talché, ad oggi, la condotta posta in essere dal gestore della struttura ricettiva che si appropria di somme riscosse a titolo di imposta di soggiorno, omettendo di riversarle al Comune, non integrerà più il delitto di peculato ex art. 314 c.p., ma sarà oggetto di sanzioni amministrative derivanti dal mancato versamento della stessa quale responsabile del pagamento (figura prevista e definita dall’art. 64 d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973). Tale novella è connessa chiaramente al fatto oggetto di contestazione e portato innanzi alla Corte. Veniva contestata alla sig.ra V.D.B., gestrice di residence, l’appropriazione di somme di denaro corrispondenti all’imposta di soggiorno pagata dai suoi clienti e da riversare all’amministrazione comunale competente a riscuoterne il tributo. Il GIP presso il Tribunale di Trapani condannava l’imputata, a seguito di richiesta di applicazione di pena concordata ai sensi del 444 c.p.p., la pena di un anno e quattro mesi di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 81, 314 co.1. c.p. Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputata deducendo l’erronea applicazione dell’art. 314 c.p. poiché il fatto contestato non costituiva reato. Nelle more della trattazione del ricorso interveniva la novatio legis. Resta da [continua ..]