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Incidente in auto: il terzo trasportato da conducente ubriaco va risarcito tramite una valutazione case by case
Giovanni Luongo
Risalente è il dibattito cha contrapposto ancora una volta dottrina e giurisprudenza sulla possibilità di riconoscere il risarcimento del danno al terzo trasportato (in caso di sinistro stradale) consapevole dello stato di ubriachezza del conducente.
Gli ermellini con l’ordinanza in epigrafe hanno risolto l’annosa questione pronunciando due principi di diritto. Tuttavia, prima di procedere con la spiegazione dei principi di diritto fissati, è necessario precisare che il collegio ha sancito l’improcedibilità del ricorso, perché il ricorrente principale aveva disatteso l’onere imposto dall’art. 369, secondo comma, n. 2, c.p.c.
Detta norma impone il deposito della sentenza d’appello impugnata corredata della relazione di notificazione. Tutto ciò consente alla Corte di rilevare immediatamente l’eventuale tardività del ricorso e la conseguente improcedibilità, senza necessità di ulteriori adempimenti.
La norma appena richiamata, contrariamente a quanto affermato dall’istante , è armonizzata con l’art. 6 CEDU, perché, in primo luogo, chi ricorre in Cassazione è assistito da avvocati specializzati iscritti ad un albo speciale; in secondo luogo, l’onere di depositare la relata di notifica della sentenza impugnata entro il termine di cui all’art. 369c.p.c. “persegue un fine legittimo”, ovvero la certezza del diritto e la retta amministrazione della giustizia; infine, l’onere imposto di cui all’art. 369 c.p.c. non è sproporzionato rispetto al suddetto fine, in quanto la possibilità d’un deposito tardivo “vanificherebbe l’obiettivo di assicurare il rapido svolgimento del procedimento e impedirebbe alla Corte di cassazione di pronunciarsi sulla procedibilità del ricorso senza ulteriori passaggi e senza ritardi”.
Nonostante queste valutazioni preliminari, la corte ha annunciato due principi di diritto.
- “l’art. 1227, comma primo, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale ed astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d’un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente. Una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l’art. 13, par. 3, della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all’azione risarcitoria spettante al trasportato, “qualsiasi disposizione di legge (…) che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol”. Spetterà dunque al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell’assicuratore del vettore”.
- “l’accertamento della esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d’un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell’art. 1227 c.c.”
Dunque, secondo gli Ermellini, non si può ritenere automaticamente colpevole il passeggero che accetta di farsi trasportare da un conducente ubriaco, perché, di tal guisa, si contrasterebbe con l’art. 13 della Direttiva, che vieta di escludere la copertura assicurativa per i passeggeri in tali situazioni.
La pronuncia in esame compie un parziale overrulling, perché non sarà più possibile per i giudici di legittimità valutare il grado di colpa del passeggero ai sensi dell’art. 1227 cc.
Quindi, spetterà ai giudici di prime cure e/o eventualmente d’appello accertare volta per volta se ed in che modo la condotta del terzo trasportato sia stato concausa del sinistro, evitando che si possa escludere aprioristicamente l’indennizzo da parte dell’assicuratore.
Orbene, se è vero che in senso stretto si vuole scongiurare ex ante che il giudice possa negare il ristoro de danni subiti per il danneggiato è altrettanto vero che dall’altro lato si deve dar luogo ad una valutazione caso per caso, evitando automatismi arbitrari.
L’ordinanza si allinea alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che, già nel 2005, aveva affermato principi simili nella sentenza Candolin, confermando, così, l’importanza di coordinare il diritto nazionale con quello europeo.
Quindi, alla luce quanto sopra affermato, il passeggero che subisce lesioni personali a causa di un sinistro stradale, scaturito dalla condotta del conducente ubriaco, può essere indennizzato?
La risposta è affermativa. Invero, di norma, in caso di incidente stradale, il terzo trasportato ha sempre diritto a essere risarcito dall’assicurazione del conducente, a prescindere da chi venga ritenuto responsabile per lo scontro quindi, potrà rivalersi nei confronti della compagnia del titolare del veicolo su cui era a bordo. La stessa, senza dover procedere ad accertare il grado di colpa dei conducenti coinvolti, dovrà ristorargli i danni fisici, biologici e patrimoniali conseguenti all’incidente.
Insomma, il danneggiato ha sempre diritto al risarcimento. Tutto ciò sia perché egli non ha alcuna responsabilità nella causazione dell’incidente e sia perché non è in grado di valutare ex ante adeguatamente il livello di eventuale intossicazione del conducente.
Tuttavia, è necessario fare delle precisazioni per chi si mette in auto ed è a conoscenza dello stato di ebbrezza del conducente: in questo caso è facilmente prevedibile la possibilità di una collisione. Invero, la Cassazione con l’ord. n. 24920/2024 ha dissipato ogni dubbio, precisando che non è sempre in colpa chi, dopo aver accettato di essere trasportato a bordo di un veicolo con una persona ubriaca alla guida e che la valutazione dell’incidenza della sua condotta deve essere valutata volta per volta.
L’analisi della Suprema Corte parte dall’articolo 1227 del codice civile. Tale norma prevede che se il comportamento colpevole della vittima ha concorso a causare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. Da ciò ne deriva che è possibile escludere o ridurre il diritto all’indennizzo del danno del passeggero su un veicolo condotto in stato di ebbrezza. Il terzo trasportato ha infatti l’obbligo di fare tutto il possibile per evitare il danno con la diligenza del buon padre di famiglia.
In tema di R.C.A., infatti, la legislazione italiana è coordinata, a livello comunitario con la Direttiva 2009/103/CE del 16 settembre 2009. Difatti, l’obiettivo del legislatore comunitario è includere tutte le persone trasportate nei benefici assicurativi (eccezion fatta nell’ipotesi di circolazione consapevole su un veicolo di provenienza illegale), e che questo obiettivo verrebbe minato se la l’ordinamento nazionale o qualsiasi clausola inserita in un contratto di assicurazione respingesse il risarcimento dei danni subiti dai passeggeri che erano a conoscenza, o avrebbero dovuto essere a conoscenza, del fatto che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol o di altre sostanze eccitanti al momento dell’incidente.
Difatti, l’art. 13, ultimo comma, della Direttiva 2009/103, armonizzato con dette previsioni stabilisce che “gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché qualsiasi disposizione di legge o clausola contrattuale contenuta in una polizza di assicurazione che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol o di altre sostanze eccitanti al momento del sinistro sia considerata senza effetto per quanto riguarda l’azione di tale passeggero”.
Le due ipotesi menzionate possono sembrare in antinomia: infatti sembrerebbero da un lato imporre agli Stati membri il divieto di escludere dai benefici assicurativi coloro che siano trasportati su veicoli condotti da persone in uno stato di ubriachezza; e dall’altro non precludere l’autonomia degli stessi nel definire le regole della Responsabilità civile, ivi comprese quelle che possono comportare una corresponsabilità del trasportato nell’ipotesi suddetta.
Tuttavia, non si tratta di un contrasto intrinseco, perché la Corte di Lussemburgo ha affermato che: il diritto europeo in materia di assicurazione della R.C.A. sarebbe “privato del suo effetto utile” se una legge nazionale che privasse il passeggero il diritto all’indennizzo – ovvero lo restringesse in modo sproporzionato– “in base a criteri generali ed astratti”. Tuttavia, permette agli Stati membri di limitare il risarcimento dovuto al passeggero “in base ad una valutazione caso per caso”.
Concludendo, ne consegue che l’eventuale concorso colposo del terzo danneggiato nella causazione del sinistro andrà accertato con giudizio sintetico a posteriori, e non con giudizio analitico a priori. Di tal guisa si dovrà valutare, volta per volta, le condizioni del terzo trasportato e quelle del conducente, l’entità del tasso alcolemico, le circostanze di tempo e di luogo e la prevedibilità del rischio. Tale valutazione è riservata esclusivamente al Giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Civ., Sez. III, 17 settembre 2024, n. 24920)
stralcio a cura di Ciro Maria Ruocco
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