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Risoluzione ex art. 1453 cc del contratto preliminare in presenza di abuso edilizio non sanato

Francesca Di Giacomo

Con l’ordinanza n. 8749 del 2024 la seconda sezione civile della Corte di cassazione è stata chiamata a valutare la validità della stipula di un contratto preliminare di compravendita di un immobile privo del certificato di agibilità, in quanto privo della destinazione ad uso abitativo.

La vicenda oggetto dell’ordinanza riguardava la stipula di un contratto preliminare di compravendita di un immobile all’epoca privo della certificazione di abitabilità, necessaria per confermarne la destinazione ad uso abitativo.

L’impresa costruttrice dell’immobile nonché promittente venditrice, aveva promosso ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale avverso il provvedimento che aveva rigettato la domanda di sanatoria del vizio. 

In seguito a tali vicende, i promissari acquirenti si rivolgevano al giudice ordinario per ottenere la dichiarazione di nullità per impossibilità dell'oggetto o, in subordine, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente alienante, con restituzione della caparra confirmatoria e risarcimento dei danni.

Il Tribunale adito, accogliendo la domanda, pronunciava la risoluzione del preliminare e condannava il venditore alla restituzione della caparra confirmatoria versata e al risarcimento dei danni.

Avverso tale pronuncia, la società promittente venditrice promuoveva appello.

In particolare, la società costruttrice lamentava l'erronea applicazione dei principi in materia di risoluzione del preliminare di vendita per omessa consegna del certificato di abitabilità ed il mancato riferimento alla previsione del preliminare con cui si dava atto della carenza, allo stato, del certificato di abitabilità, senza che la pratica per il suo ottenimento fosse indicata quale condizione risolutiva e senza che fosse stata contemplata la sua consegna entro la data pattuita per la stipulazione del definitivo.

La Corte d’Appello accoglieva il ricorso e, per l’effetto, riformava la sentenza del Tribunale rigettando la domanda di risoluzione del preliminare di vendita e di restituzione della caparra confirmatoria.

A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava che, al momento in cui era stata fissata la stipula del definitivo, la promittente venditrice non era in grado di consegnare il certificato di agibilità, né esso era stato rilasciato nel corso del giudizio; che nel preliminare era stato stabilito che, in caso di esito negativo del giudizio, pendente dinanzi al Tar, di annullamento dei provvedimenti amministrativi di rigetto delle istanze di sanatoria, la promittente alienante si impegnava a restituire, in favore della promissaria acquirente, le somme nel frattempo versate; che, pertanto, le parti avevano inteso subordinare la risoluzione del preliminare alla mancata positiva conclusione del giudizio amministrativo; che il Tar aveva rilevato nella propria sentenza che la promittente alienante non era stata messa in grado di fornire un principio di prova circa la realizzazione dell’opera entro il termine ultimo di legge, con conseguente annullamento del provvedimento del Comune di rigetto delle istanze di condono, con conseguente obbligo dell'Amministrazione di rinnovare la procedura istruttoria; che il Tar aveva rilevato che nessun termine essenziale era stato stabilito per la consegna del certificato di abitabilità entro la data pattuita per la stipula del definitivo.

La vicenda veniva portata dai promissari acquirenti in Cassazione con un ricorso strutturato su ben cinque motivi.

In particolare, i ricorrenti prospettavano, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 1453,1460 e 1477, terzo comma, c.c. nonché dell'art. 1362 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente applicato la disciplina sulla risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, in relazione alla mancanza della licenza di agibilità.

La Suprema Corte, nella sentenza de qua, ha chiarito che l’effetto solutorio connesso al mancato ottenimento, entro una determinata scadenza temporale, di un provvedimento amministrativo per ragioni non ascrivibili al comportamento dei contraenti, fosse riconducibile alla mancata verificazione di un evento futuro ed incerto e, conseguentemente, deve qualificarsi come condizione risolutiva negativa.

Al contempo gli ermellini hanno precisato che <<l'azione giudiziale proposta non era mirata all'accertamento della verificazione di tale condizione, il cui mancato avveramento avrebbe dovuto escludere che il preliminare fosse privo di effetti ab origine, senza alcuna ulteriore statuizione>>.

In altre parole,  <<una volta accertato che l’evento futuro e incerto contemplato nella condizione risolutiva non si era verificato, la Corte d’appello non avrebbe potuto farne derivare, in via automatica, il rigetto della domanda di risoluzione rispetto agli inadempimenti puntualmente dedotti, ma avrebbe dovuto, invece, verificare l'incidenza qualitativa e subiettiva>> (ai sensi dell’art. 1455 c.c. che disciplina l’“Importanza dell’inadempimento”) degli inadempimenti contrattuali della società venditrice puntualmente dedotti in giudizio (ossia la carenza dei requisiti per ottenere la sanatoria del mutamento di destinazione d’uso da servizi comuni a superficie abitativa). 

La Corte ha perciò accolto  il ricorso ed ha enunciato  il seguente principio di diritto: <<a fronte della proposizione di una domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita immobiliare per inadempimento del promittente alienante all’obbligo di sanare l’abuso correlato alla variazione della destinazione d'uso del bene, è necessario verificare, in base alle circostanze concrete desumibili dal quadro probatorio offerto, che le difformità riscontrate non siano in alcun modo sanabili.>>

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha erroneamente applicato la disciplina sulla risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, in relazione alla mancanza della licenza di agibilità (ex abitabilità), in carenza di alcuna dimostrazione, a cura della società promittente venditrice, della regolarità della sanatoria e della perdurante possibilità di ottenere il detto certificato. 

Per tale motivo, la Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza rinviando la causa alla Corte d’Appello, la quale dovrà attenersi al principio sopra evidenziato.

Argomento: Della risoluzione del contratto
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 3 aprile 2024, n. 8749) stralcio a cura di Giovanni Pagano

2.1 (…) la sentenza d'appello ha argomentato il rigetto della domanda di scioglimento del contratto preliminare per inadempimento grave imputabile alla promittente alienante su un artificioso automatismo tra carenza del presupposto affinché potesse operare la condizione risolutiva di cui all'art. 2 del compromesso dell'8 giugno 2006 (con il conseguente scioglimento del preliminare) e difetto dei requisiti per ottenere la pronuncia costitutiva di risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c. (…), il fatto che non ricorressero le condizioni stabilite da tale art. 2 - secondo cui il contratto si sarebbe inteso sciolto nell’ipotesi di esito negativo del giudizio amministrativo - non implicava che (…), fosse per ciò solo esclusa l'integrazione di un grave inadempimento imputabile alla OMISSIS nel rilascio della certificazione di agibilità per l'uso abitativo contemplato in contratto, rispetto ad un'abusiva variazione di destinazione d'uso, di cui avrebbe dovuto essere accertata la sanabilità alla stregua della situazione fattuale in concreto determinatasi. Nessun dubbio ricorre sul fatto che l’effetto solutorio connesso al mancato ottenimento, entro una determinata scadenza temporale, di un provvedimento amministrativo per ragioni non ascrivibili al comportamento dei contraenti, fosse riconducibile alla mancata verificazione di un evento futuro ed incerto e, conseguentemente, dovesse qualificarsi come condizione risolutiva negativa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20854 del 02/10/2014; Sez. 2, Sentenza n. 22310 del 30/09/2013; Sez. 2, Sentenza n. 17181 del 24/06/2008). Nondimeno, l'azione giudiziale proposta non era mirata all'accertamento della verificazione di tale condizione, il cui mancato avveramento avrebbe dovuto escludere che il preliminare fosse privo di effetti ab origine, senza alcuna ulteriore statuizione. Infatti, gli originari attori OMISSIS avevano agito in giudizio per chiedere, in via principale, l'accertamento della nullità del contratto per impossibilità dell'oggetto ovvero, in via subordinata, la pronuncia costitutiva di risoluzione del preliminare per gravi inadempienze ascrivibili esclusivamente alla promittente venditrice. E la stessa pronuncia impugnata ha dato atto che, al momento in cui era stata fissata la stipula del definitivo, ossia alla data del 30 ottobre 2006, la promittente venditrice non era in grado di consegnare il certificato di agibilità, [continua ..]

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