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Le finalità (ri)educative del rito minorile escludono la possibilità di disporre la messa alla prova (già) nella fase delle indagini preliminari

Giulio Baffa

“1.– Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Firenze ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 28 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (…), in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la messa alla prova del minore possa essere disposta nella fase delle indagini preliminari. “1.1.– Atteso che l’art. 464-ter del codice di procedura penale consente la messa alla prova in fase di indagini preliminari per l’adulto, l’esclusione di un’analoga possibilità per il minore (…), determinerebbe un’irragionevole disparità di trattamento, con l’effetto, contrario al finalismo rieducativo del trattamento sanzionatorio e al favor per la protezione della gioventù, di impedire il più celere affrancamento penale del minore. 4.1.1.– Il tenore letterale dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, con l’impiego delle dizioni «processo» e «imputato», univoche nel presupporre l’avvenuto esercizio dell’azione penale, indica chiaramente che la messa alla prova del minore non può essere disposta nel corso delle indagini preliminari, prima dell’esercizio dell’azione, e quindi anteriormente all’udienza preliminare. Se ne trae conferma dall’art. 29 del d.P.R. n. 448 del 1988 (…). Se ne trae ulteriore conferma dal riferimento dell’art. 27 del d.lgs. n. 272 del 1989 al «collegio che ha disposto la sospensione del processo», organo che, per avere struttura collegiale, non può essere il giudice per le indagini preliminari (…). 4.2.– (…) L’art. 464-ter cod. proc. pen. contempla la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari (…). 4.2.1.– (…) Risulta pertanto corretto il presupposto interpretativo delle questioni in scrutinio, cioè che il giudice per le indagini preliminari non può disporre la messa alla prova del minore, alla luce dell’art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988 (…). 4.3.– Questa Corte ha già illustrato la profonda differenza funzionale esistente tra la messa alla prova del minore e quella dell’adulto, l’una avente finalità essenzialmente rieducativa, l’altra [continua ..]

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Nota di Giulio Baffa

Con la sentenza che qui si annota, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 d.P.R. n. 448/1988, sollevata dal Gip del Tribunale per i minorenni di Firenze, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 31, secondo comma, Cost. nella parte in cui non prevede la possibilità di disporre la sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato infradiciottenne anche nella fase delle indagini preliminari. Più nel dettaglio, il giudice a quo segnala come tale preclusione si porrebbe anzitutto in contrasto con il principio di uguaglianza/ragionevolezza, posto che l’art. 464-ter c.p.p. consente, invece, all’indagato “adulto” di presentare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova già nella fase delle indagini preliminari. In secondo luogo, verrebbero vanificate le finalità proprie del processo minorile, con il quale si è inteso coniugare l’esigenza di una rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale (principio di minima offensività) con la necessità di salvaguardare la personalità dello stesso da effetti stigmatizzanti derivanti dal processo (principio di de-stigmatizzazione): da qui, l’ulteriore violazione, da una parte, del principio della funzione rieducativa della pena di cui al terzo comma dell’art. 27 Cost. e, dall’altra, dell’art. 31, secondo comma, Cost. che impegna la Repubblica a favorire gli istituti necessari alla protezione della gioventù, tra i quali rientra sicuramente la messa alla prova del minorenne. L’interpretazione restrittiva risulta avvalorata dal dato letterale degli artt. 28 e 29: a ben vedere, infatti, l’art. 28 si riferisce in modo esplicito al “processo” e all’”imputato”, confermando la tesi per cui l’ordinanza di sospensione possa essere disposta solo allorquando il p.m. abbia esercitato l’azione penale; inoltre, l’art. 29 impone al giudice, in caso di esito negativo della messa alla prova, di proseguire il normale iter processuale, provvedendo a norma degli artt. 32 e 33 d.P.R. n. 448/1988, che disciplinano rispettivamente lo svolgimento dell’udienza preliminare e del dibattimento. In argomento, il Giudice delle leggi era già intervenuto con la sentenza n. 125/1995, dichiarando l’incostituzionalità dell’art. [continua ..]

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