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Il segreto commerciale ex art. 623 c.p. ricomprende anche il know-how aziendale: rivelarlo è reato

Fabiana Memini

(Cass. Pen., Sez. V, 4 giugno 2020, n. 16975)

“5. (…) [I]n tema di delitti contro la inviolabilità dei segreti, non costituisce condizione, ai fini della configurabilità del reato di rivelazione di segreti industriali, la sussistenza dei presupposti per la brevettabilità, ex art. 2585 c.c., della scoperta o dell’applicazione rivelata (…), dovendosi ritenere oggetto della tutela penale del reato in questione il “segreto industriale” inteso in senso lato, ovvero “quell’insieme di conoscenze riservate e di particolari modus operandi in grado di garantire la riduzione al minimo degli errori di progettazione e realizzazione e dunque la compressione dei tempi di produzione” (…). Si è bene messo in luce, infatti, nella sentenza impugnata, che è stato il patrimonio di conoscenze acquisito da (…) in tre anni di lavoro – con l’impiego di risorse finanziarie rilevanti, e il lavoro di equipe, con il coinvolgimento di diverse competenze tecniche, la ricerca quotidiana, i numerosi test per renderla fruibile ai clienti finali (…) e adattarle alle esigenze segnalate – a dare luogo alla combinazione del tutto originale confluita nella chiave dinamometrica realizzata dalla società. È stata, cioè, quella combinazione (…) a consentire ai ricorrenti, avendo incamerato il patrimonio conoscitivo dell’azienda, di mettere a frutto, nel breve volgere di tre mesi, un prodotto tecnologicamente sofisticato e fortemente concorrenziale (…) e di entrare immediatamente nel mercato in modo competitivo. (…). 5.1. Accanto alla protezione offerta al know how in ambito civilistico, l’ordinamento nazionale offre (…) protezione anche in sede penale, in particolare, con l’art. 623 c.p., il cui bene giuridico oggetto di tutela è individuato nell’interesse a che non vengano divulgate notizie attinenti ai metodi che caratterizzano la struttura industriale e, pertanto, il c.d. know how, vale a dire (…) quel patrimonio cognitivo e organizzativo necessario per la costruzione, l’esercizio, la manutenzione di un apparato industriale (…). Ci si riferisce, con tale espressione, a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare [continua ..]

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Nota di Fabiana Memini

Il caso di specie della sentenza in commento riguarda l’utilizzo delle conoscenze ed esperienze richieste per la produzione in tempi rapidi di una chiave dinamometrica, prodotto tecnologicamente sofisticato del mondo automobilistico, da parte di una società concorrente alla società inventrice. Tale risultato era stato possibile attraverso l’utilizzo del complesso di informazioni e conoscenze elaborate negli anni dalla società inventrice e veicolato dai dipendenti della stessa. Nell’impugnare la sentenza di appello la difesa dei ricorrenti, gli ex dipendenti, rappresentavano il differente ambito di operatività dell’art 623 c.p. rispetto al caso di specie. La Corte di Cassazione nel rigettare il gravame evidenzia gli elementi costitutivi del reato di cui all’art 623 c.p., fattispecie a tutela del “know how” aziendale. In particolare, i giudici di legittimità specificano che tale espressione si riferisce “a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare all’impresa un vantaggio competitivo, e quindi un’aspettativa di un maggiore profitto economico. Si tratta di un patrimonio di conoscenze il cui valore economico è parametrato all’ammontare degli investimenti (spesso cospicui) richiesti per la sua acquisizione e al vantaggio concorrenziale che da esso deriva, in termini di minori costi futuri o maggiore appetibilità dei prodotti.” La Corte prosegue nel rappresentare che in passato il “know how” aziendale trovava tutela solo in ambito civilistico attraverso il codice di proprietà industriale (c.p.i), tuttavia con il D.Lgs. 11 maggio 2018, n. 63 il legislatore, nel dare attuazione alla direttiva UE 2016/943, coglieva l’occasione per intervenire anche in sede penalistica, riscrivendo l’art 623 c.p. In particolare, si sostituiva l’espressione “applicazioni industriali” in “segreti commerciali” uniformandola alla medesima espressione contenuta nel codice di proprietà industriale (c.p.i.). I giudici di legittimità, tuttavia, avvertono che la comunanza di terminologia non costituisce comunanza di significato: il “segreto commerciale” di cui all’art 623 c.p. è [continua ..]

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