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Il “silenzio” serbato dall´agente può configurare raggiro, rilevante ai sensi dell´art.640 c.p., solo se “eloquente”
Martha Gunsch
Il silenzio eloquente in materia di truffa contrattuale integra la condotta del raggiro?
Al quesito ha risposto la sezione II della Corte di Cassazione con sentenza n.46209/23 seguendo il criterio dell’interpretazione sistematica.
La nozione di raggiro indica “quel comportamento, per lo più di natura verbale, tenuto nei confronti di un determinato soggetto ed ispirato ad astuzia, o ingegnosità e allo sfruttamento dell’altrui ingegnosità o buona fede, che determina nel destinatario un’erronea rappresentazione della realtà. Lo scopo di tale comportamento è essenzialmente quello di indurre il destinatario a fare, con proprio danno e con indebito vantaggio della controparte o di un terzo, qualche cosa che egli altrimenti non farebbe nello stesso modo” (dizionario).
Va subito messo in luce che il mero silenzio e l’inerzia sono comportamenti omissivi penalmente irrilevanti per integrare l’elemento costitutivo del reato di truffa, cioè il raggiro. Rilevanti sono invece comportamenti attivi e omissivi che si manifestano con il silenzio quando sono accompagnati a comportamenti che sono ispirati ad astuzia o ingegnosità, aventi lo scopo di sfruttamento dell’altrui ingegnosità o la buona fede. Il silenzio serbato dall’agente nella forma del comportamento concludente può assumere rilevanza penale sotto il profilo del raggiro.
È pertanto necessario indagare il ruolo rivestito dal silenzio nel caso specifico, al fine di comprendere se possa assumere il significato di fatto concludente (laddove avvalorato da circostanze esterne che depongano in questo senso). Solo in questa ipotesi, infatti, il silenzio serbato è tale da costituire comportamento attivo tipico di un raggiro propriamente detto.
Nel rispetto del principio del diritto penale come “extrema ratio” l’illecito civile può assurgere ad illecito penale nel momento in cui si accerta una violazione del principio di offensività. Ciò si può manifestare nell’ipotesi di truffa contrattuale quando viene leso o messo in pericolo il diritto di autodeterminazione della parte contrattuale nell’esercizio dell’autonomia contrattuale al momento in cui stipula un contratto di prestazione professionale con il medico che al tempo stesso incassa l’indennità di esclusiva dalla struttura pubblica.
Trattasi, nel caso del reato di truffa, di un reato plurioffensivo. La condotta dell’agente è finalizzata ad ottenere un vantaggio patrimoniale. Nel caso sottoposto all’ esame dalla Corte il vantaggio patrimoniale era duplice in favore dell’agente: da un lato, tacendo, ha indotto il paziente a pagare la parcella per una visita privata e, dall’altro, il soggetto agente ha violato la clausola contrattuale dell’esclusiva con la struttura pubblica. Da ciò consegue che il silenzio penalmente rilevante è quello qualificato come comportamento concludente. Il silenzio eloquente si manifesta come causalmente collegato al vantaggio patrimoniale conseguito dall’agente.
Il reato di truffa si consuma nel momento in cui il soggetto attivo consegue il vantaggio patrimoniale con altrui danno.
La rilevanza del silenzio nella truffa si riferisce al fatto tipico. La condotta nella truffa nelle varie forme di comunicazione va intesa come comportamento strategico del soggetto agente. Il silenzio non si identifica con l’obbligo giuridico di impedire l’evento. Infatti, come precisato espressamente dalla stessa Corte nella pronuncia in oggetto, “il solo silenzio non può essere considerato alla stregua di una condotta fraudolenta, in quanto l'agente non è tenuto ad alcun obbligo di garanzia nei confronti dell'altro contraente”.
Si tratta di una questione di fatto. Il silenzio qualificato “espressivo” è una condotta ingannevole solo quando il silenzio costituisce il primo anello della catena causale della truffa la cui tipicità presidiata con un attento riscontro di tutti i collegamenti interni della fattispecie.
In conclusione, “il silenzio può essere sussunto nella nozione di raggiro non quando si risolve in un semplice silenzio inerzia, ma quando si configura come silenzio eloquente e cioè quando, in rapporto alle concrete circostanze del caso, cela un determinato comportamento concludente idoneo ad ingannare la persona offesa”.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. pen., Sez. II, 16 novembre 2023, n. 46209)
stralcio a cura di Annapia Biondi