Argomento:
Concorsi pubbliciSezione:
Consiglio di Stato
(Cons. Stato, sez. VII, 25 novembre 2024, n. 9424)
Stralcio a cura di Davide Gambetta
"[…] 5. La giurisprudenza amministrativa ha differentemente risolto la questione della sussistenza in capo all’amministrazione, soccombente in un precedente giudizio di cognizione conclusosi con l’annullamento degli atti (afferenti ad una procedura selettiva) compiuti da una precedente Commissione, del potere discrezionale di nominare, per la fase di riedizione del potere, una nuova Commissione giudicatrice.In particolare, secondo un primo indirizzo esegetico, il diritto positivo non contemplerebbe “salve disposizioni speciali, la regola per cui la rinnovazione dell’attività debba essere compiuta da altro collegio, salvo che il vizio non riguardi proprio la composizione della Commissione. Non è dunque evincibile nell’ordinamento un principio generale per cui, a seguito dell’annullamento giurisdizionale di atti si debba procedere, per ciò solo, al mutamento del titolare dell’organo che li abbia adottati al fine della loro rinnovazione” (Consiglio di Stato, sez. V, 4 novembre 2019, n. 7495).Al riguardo, si sostiene, infatti che:- il principio in esame è pure ribadito nella materia dei procedimenti di gara, in cui […] è stato previsto (art. 77, comma 11, del d.lgs. n. 50 del 2016) che, in caso di rinnovazione del procedimento a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o dell’esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima Commissione, fatto salvo il caso in cui l’annullamento sia derivato proprio da un vizio nella composizione della Commissione stessa;- la ratio sottesa a tale soluzione è, in analisi ultima, quella per cui la garanzia di imparzialità scaturisce dalla qualità di pubblici ufficiali dei commissari, i quali, nello svolgimento della loro attività, sono tenuti ad operare nel rispetto dei principi dell’ordinamento e sono responsabili di eventuali danni arrecati al candidato o all’Amministrazione per la quale operano;- né potrebbe argomentarsi diversamente invocando le cause di incompatibilità di cui all’art. 51 c.p.c., tenuto conto che “l’interesse nella causa” deve essere personale e concreto, mentre un obbligo di astensione “per grave inimicizia” sorgerebbe solo quando tale inimicizia sia reciproca ed originata da rapporti privati, non potendo essere integrata neppure dalla contrapposizione riconducibile alla [continua ..]
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