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Quantificazione del danno in caso di morte del feto per errore medico
Fabrizio Cesareo
Cass. civ., Sez. III, 20 ottobre 2020, n. 22859
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Nota di Fabrizio Cesareo
I giudici di Piazza Cavour con l’ordinanza in commento si sono soffermati sull’entità del risarcimento da riconoscere nel caso di feto nato morto imputabile a responsabilità medica. Atteso che l’eventus mortis della progenie è inequivocabilmente doloroso per i genitori, nel caso di specie occorre distinguere il danno subito dai genitori per la perdita di un figlio, inteso come soggetto concepito e nato, dal danno subito dalla coppia, i cui componenti sono in procinto di diventare genitori. Quest’ultimo è il punto su cui è tornata a pronunciarsi la Terza sezione civile, in considerazione del fatto che nel caso di feto morto ciò che viene meno è la potenziale relazione affettiva, non anche quella concreta, conseguente al decesso anteriore alla nascita, inducendo a ritenere verosimilmente esigua tale relazione in virtù della caratteristica assunta dalla persona perduta, cioè quella di “non nato”. Pare pacifica la definizione di nascita di un nuovo essere, intesa come distacco dal grembo materno del soggetto che emette il c.d. primo vagito e che respira naturalmente; il nuovo nato è quindi colui che risponde ai requisiti di vitalità, determinando un oggettivo rapporto con i suoi consanguinei. Viceversa, il concepito che venuto alla luce non respiri, assume la configurazione giuridica di nato morto. Ciò che emerge, perciò, è una chiara distinzione tra l’effettivo rapporto parentale e l’aspettativa allo stesso, qualificando indirettamente tale tipologia di danno come “meno importante”, vale a dire di minor spessore rispetto alla perdita di un rapporto ormai consolidatosi e fatto di quotidianità, frequentazioni, abitudini di vita [1]. Ordunque, relativamente alla liquidazione del danno non patrimoniale, la Cassazione ritiene corretta l’applicazione da parte della Corte territoriale delle tabelle milanesi riconoscendone la liquidazione in via equitativa, in virtù del fatto che queste assumerebbero valenza di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico ex artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l’abbandono [2]. Le tabelle di Milano prevedono, con riferimento ai vari possibili rapporti di parentela, una forbice che consente di tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, [continua ..]