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Risarcimento del danno derivante da "reati intenzionali violenti"
Martina Nicolino
Cass. civ., Sez. III, 24 novembre 2020, n. 26757
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Nota di Martina Nicolino
Nell’ottobre 2005 una donna italiana fu aggredita, sequestrata e costretta a praticare e subire, ripetutamente, atti sessuali da parte di due cittadini rumeni, i quali per tali fatti vennero condannati in sede penale, in via definitiva, alla pena di anni dieci e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio, con assegnazione, in favore della vittima dei suddetti reati violenti di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad € 50.000,00 che, tuttavia, quest’ultima non riusciva ad ottenere attesa la latitanza dei due colpevoli. Agli inizi del 2009 la donna intentò, dinanzi al Tribunale di Torino, un’azione volta a dichiarare la responsabilità civile dello Stato – Legislatore per la “mancata e/o non corretta e/o non integrale attuazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29.04.2004, “relativa all’indennizzo delle vittime del reato, e, in particolare, dell’obbligo ivi previsto dall’art. 12, par. 2, a carico degli Stati membri, di introdurre, entro il 1.07.2005 (come stabilito dall’art. 18, par.1), un sistema generalizzato di tutela indennitaria, idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro, in favore delle vittime di tutti i reati violenti ed intenzionali (compreso il reato di violenza sessuale) nelle ipotesi in cui le medesime siano impossibilitate a conseguire, dai diretti responsabili, il risarcimento integrale dei danni subiti”. La Presidenza del Consiglio dei ministri richiedeva il rigetto della domanda, ma l’adito Tribunale con sentenza del 26.05.2010, accertò, nel merito, l’inadempimento della P.C.d.M. per la mancata attuazione della direttiva de qua, con condanna al pagamento, in favore della vittima dei reati, della cifra di € 90.000,00. Avverso tale sentenza, la Presidenza proponeva appello, accolto solo in parte dalla Corte Territoriale con sentenza del 23 gennaio 2012, che riformava unicamente il quantum del risarcimento ridotto ad € 50.000,00. Quale ultimo baluardo, la Presidenza ricorreva alla Corte di legittimità. Resisteva con controricorso l’originaria attrice. Nelle more del giudizio avveniva la tardiva trasposizione della direttiva 2004/80/CE. La disciplina dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti veniva regolata dapprima in termini generali e per il futuro, dagli art. 11 e ss. [1] [continua ..]