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Risarcimento del danno derivante da "reati intenzionali violenti"

Martina Nicolino

Cass. civ., Sez. III, 24 novembre 2020, n. 26757

(…) Alla luce della ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., 17 maggio 2011, n. 10813 e, più di recente, Cass., 22 novembre 2019, n. 30502) – il diritto al risarcimento dei danni per omessa o tardiva trasposizione di direttiva non autoesecutiva da parte del legislatore italiano nel termine prescritto dalla direttiva stessa, che va ricondotto allo schema della responsabilità contrattuale per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria. Responsabilità che, in ragione della natura antigiuridica del comportamento omissivo dello Stato anche sul piano dell’ordinamento interno, e dovendosi ricondurre ogni obbligazione nell’ambito della ripartizione di cui all’art. 1173 c.c., va inquadrata nella figura della responsabilità “contrattuale”, in quanto nascente non dal fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c., bensì da un illecito ex contractu e cioè dall’inadempimento di un rapporto obbligatorio preesistente (…). La portata applicativa dell’art. 12, par. 2, della direttiva è, dunque, quella di norma che non solo obbliga gli Stati membri a dotarsi di un sistema di indennizzo delle vittime per ogni reato intenzionale violento commesso sul proprio territorio, ma che consente anche ai soggetti residenti nello Stato membro, così obbligato, di poter usufruire dell’indennizzo, essendo, quindi, anch’essi titolari del diritto conferito, nella specie, dal diritto derivato dell’Unione. È così integrata la prima delle tre condizioni affinché possa configurarsi la responsabilità dello Stato per violazione del diritto Eurounitario (…). Occorre ribadire e puntualizzare, in primo luogo, quanto già evidenziato in precedenza (p. 1.1.) in ordine alla responsabilità dello Stato per omessa, incompleta o tardiva trasposizione di direttiva Eurounitaria nell’ordinamento interno, che riveste natura di illecito contrattuale e che, dunque, genera un’obbligazione risarcitoria in conseguenza di detto inadempimento, i cui effetti pregiudizievoli (perdita subita e mancato guadagno) sono da ristorare integralmente ai sensi dell’art. 1223 c.c. o con valutazione equitativa del danno non altrimenti dimostrabile nel suo preciso ammontare, ex art. 1226 c.c.. In questa prospettiva – che tiene conto anzitutto del principio di ristoro [continua ..]

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Nota di Martina Nicolino

Nell’ottobre 2005 una donna italiana fu aggredita, sequestrata e costretta a praticare e subire, ripetutamente, atti sessuali da parte di due cittadini rumeni, i quali per tali fatti vennero condannati in sede penale, in via definitiva, alla pena di anni dieci e mesi sei di reclusione, oltre al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio, con assegnazione, in favore della vittima dei suddetti reati violenti di una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad € 50.000,00 che, tuttavia, quest’ultima non riusciva ad ottenere attesa la latitanza dei due colpevoli. Agli inizi del 2009 la donna intentò, dinanzi al Tribunale di Torino, un’azione volta a dichiarare la responsabilità civile dello Stato – Legislatore per la “mancata e/o non corretta e/o non integrale attuazione degli obblighi previsti dalla direttiva 2004/80/CE del Consiglio del 29.04.2004, “relativa all’indennizzo delle vittime del reato, e, in particolare, dell’obbligo ivi previsto dall’art. 12, par. 2, a carico degli Stati membri, di introdurre, entro il 1.07.2005 (come stabilito dall’art. 18, par.1), un sistema generalizzato di tutela indennitaria, idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro, in favore delle vittime di tutti i reati violenti ed intenzionali (compreso il reato di violenza sessuale) nelle ipotesi in cui le medesime siano impossibilitate a conseguire, dai diretti responsabili, il risarcimento integrale dei danni subiti”. La Presidenza del Consiglio dei ministri richiedeva il rigetto della domanda, ma l’adito Tribunale con sentenza del 26.05.2010, accertò, nel merito, l’inadempimento della P.C.d.M. per la mancata attuazione della direttiva de qua, con condanna al pagamento, in favore della vittima dei reati, della cifra di € 90.000,00. Avverso tale sentenza, la Presidenza proponeva appello, accolto solo in parte dalla Corte Territoriale con sentenza del 23 gennaio 2012, che riformava unicamente il quantum del risarcimento ridotto ad € 50.000,00. Quale ultimo baluardo, la Presidenza ricorreva alla Corte di legittimità. Resisteva con controricorso l’originaria attrice. Nelle more del giudizio avveniva la tardiva trasposizione della direttiva 2004/80/CE. La disciplina dell’indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti veniva regolata dapprima in termini generali e per il futuro, dagli art. 11 e ss. [1] [continua ..]

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