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Vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità: azione per il solo risarcimento del danno ex art. 135, co. 2, cod. consumo

Erminia Sparano

Cass. Civ., Sez. II, 20 gennaio 2020, n. 1082

(…) Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1494 c.c. e degli artt. 130 e 135 del Codice del consumo. La sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la corte ha riconosciuto che, una volta ritenuto eccessivamente oneroso per il venditore l’intervento volto all’eliminazione dei vizi, il compratore non poteva pretendere, a titolo di danno emergente, il costo occorrente per la sostituzione di tutte le perline, ma solo il risarcimento danno estetico conseguente al loro restringimento, pari al costo dell’eventuale intervento eseguibile per eliminare le fessure. In questo modo la corte di merito ha negato l’integrale risarcimento del danno emergente riconosciuto al compratore secondo le norme del codice civile. Si sostiene invece che, ai sensi dell’art. 135 del codice del consumo, i rimedi ordinari previste dal diritto italiano concorrono con quelli previsti a tutela del consumatore dalla disciplina specifica, se è vero che la normativa comunitaria ha trovato ingresso nell’ordinamento interno per incrementare le garanzie del consumatore e non certo per ridurle (…). Nel caso in cui il bene consegnato al consumatore presenti un difetto di conformità del quale il professionista debba rispondere, il consumatore può far valere nei confronti del professionista inadempiente i rimedi contemplati dall’art. 130 del codice del consumo: riparazione del bene, sostituzione dello stesso, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto. Tra i diritti che competono al consumatore, “nel caso di difetto di conformità”, il comma 2 dell’art 130 cod. consumo non annovera il diritto al risarcimento del danno cagionato dall’inadempimento. Ciò non significa peraltro che il consumatore che abbia ricevuto un bene non conforme al contratto non possa esercitare, nei confronti del professionista, delle pretese risarcitorie: il diritto al risarcimento del danno rientra senz’altro fra i “diritti” attribuiti al consumatore da “altre norme dell’ordinamento giuridico” italiano (art. 135 cod. consumo) (…). Costituisce consolidato orientamento di questa Corte, in materia di garanzia per vizi nella vendita, che il compratore può esercitare l’azione di danni da sola, cioè senza chiedere né la risoluzione, né una riduzione del prezzo. Or bene analoga facoltà [continua ..]

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Nota di Erminia Sparano

Con la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, sez. II, del 20 gennaio 2020, n. 1082 viene in rilievo un annoso problema di coordinamento normativo tra la disciplina civilistica e quella consumeristica di matrice europea, con riguardo alla previsione delle garanzie per vizi nella vendita dei beni di consumo, nell’ottica di una “maggiore tutela del consumatore”. In particolare, i giudici di legittimità, attraverso un’analisi comparativa delle prospettive remediali civilistiche con quelle di settore, riconoscono al consumatore l’esperibilità dell’azione risarcitoria quale rimedio autonomo rispetto alla tutela incentrata sulla risoluzione del contratto in virtù della “clausola di salvezza” di cui all’art. 135, comma 1, del codice del consumo (“le disposizioni del presente capo non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico”). Il caso di specie si fonda sull’acquisto, da parte dell’attore, di una partita di larice poi rivelatasi difettosa a causa di un anomalo restringimento derivante dalla perdita di umidità delle perline dopo la posa. L’attore, dunque, chiedeva al Tribunale di Mondovì la condanna in via principale del convenuto, volta all’eliminazione dei vizi già riscontrati in sede di accertamento tecnico preventivo; in via subordinata, il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza dei vizi del materiale fornito. Il Tribunale rigettava la domanda principale, ritenendo eccessivamente oneroso per il venditore l’intervento di ripristino, e accoglieva la domanda subordinata di risarcimento del danno. In ragione di ciò, il convenuto proponeva appello che veniva accolto dalla Corte d’Appello di Torino, la quale, ritenendo il danno conseguente al vizio del materiale di rilevanza esclusivamente estetica, ha considerato non necessario garantirne il risarcimento. L’attore, dunque, proponeva ricorso per Cassazione. Preliminarmente, la Corte ha chiarito come l’eccessiva onerosità della sostituzione (rimedio manutentivo– conservativo) per il venditore non poteva essere assunta quale limite ai diritti che competono al compratore in dipendenza del vizio: in particolare, a conforto di tale orientamento, la valutazione del consulente secondo cui l’unica soluzione idonea a rimediare [continua ..]

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