Cass. civ., sez III, 6 luglio 2020, n. 13848
Avverso la sentenza del Tribunale aquiliano ricorre per cassazione la Regione Abruzzo, sulla base – come detto – di un unico motivo. Esso deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione delle previsioni di cui della L. 11 febbraio 1992, n. 157, artt. 1 e 9 e dell’art. 2043 c.c., nonché erronea imputazione, ad essa ricorrente, della responsabilità per danni cagionati dalla fauna selvatica (…). Occorre muovere dalla constatazione che il tema della risarcibilità dei danni causati dagli animali selvatici si è posto all’attenzione della giurisprudenza, sostanzialmente, solo da quando il legislatore ha cominciato ad intervenire in tale ambito, ciò che ha determinato il superamento di quella tradizionale impostazione che ravvisava nella fauna selvatica una “res nullius”, con conseguente impossibilità del ristoro dei pregiudizi dalla stessa cagionati. In particolare, con la L. 27 dicembre 1977, n. 968 (Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia), la fauna selvatica è stata dichiarata patrimonio indisponibile dello Stato e tutelata nell’interesse della comunità nazionale (art. 1), assegnandosi le relative funzioni amministrative alle Regioni (quelle legislative ad esse già spettando in virtù della competenza in materia di caccia, secondo la previsione del testo originario dell’art. 117 Cost.), pur riconoscendosi la possibilità di delega alle Province (art. 5). A fronte di tale quadro legislativo, la questione che si è posta all’esame dell’autorità giudiziaria è consistita nello stabilire in applicazione di quale norma codicistica, nonché a carico di quale soggetto, andasse affermata la responsabilità per i danni cagionati dalla fauna selvatica (…). La giurisprudenza di questa Corte si è, fin qui, pressoché univocamente orientata – a differenza di quanto sostenuto in dottrina – nel senso che il “danno cagionato dalla fauna selvatica non è risarcibile in base alla presunzione stabilita dall’art. 2052 c.c., inapplicabile per la natura stessa degli animali selvatici, ma soltanto alla stregua dei principi generali sanciti dall’art. 2043 c.c., anche in tema di onere della prova, e perciò richiede [continua ..]
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