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La condotta del mercenario in un conflitto armato (incriminata dall'art. 3, comma 1, legge 12 maggio 1995, n. 210) può avere ad oggetto una controprestazione di qualsiasi entità e può rivestire anche carattere non patrimoniale, non dovendo necessariamente venire in rilievo una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o pagata a combattenti aventi rango e funzioni analoghe nelle forze armate", come invece richiesto dalla Convenzione ONU

Argomento: Ratifica Convenzione ONU
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. I, 21 giugno 2024, n. 24753)

Stralcio a cura di Vincenzo Nigro

  “(…) La legge 12 maggio 1995, n. 210, ratifica e dà esecuzione alla Convenzione internazionale contro il reclutamento, l'utilizzazione, il finanziamento e l'istruzione di mercenari, adottata a New York, il 4 dicembre 1989, dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite al termine di un annoso negoziato svoltosi in seno alla sua Commissione giuridica, cui l'Italia aveva da subito offerto un attivo e sostanziale contributo. (…) La Convenzione ONU definisce il mercenario (art. 1, § 1) come colui che viene reclutato, in loco o all'estero, per combattere in un conflitto armato, dietro la promessa di un vantaggio economico. Per essere considerato mercenario, l'individuo non deve essere cittadino di uno dei Paesi in conflitto, né deve risiedere in un territorio da quel Paese controllato. Oltre a tali caratteri, il mercenario non deve fare parte delle forze armate regolari delle Parti belligeranti, né deve esservi stato inviato, in tale veste, da un Paese terzo. Per vantaggio economico, deve intendersi «una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o pagata a combattenti aventi rango e funzioni analoghe nelle forze armate» dell'una o dell'altra Parte in conflitto (§ 1, cit., lett. b). E' infine, e comunque, considerato mercenario (art. 1, § 2, Conv. cit.) chi sia stato reclutato al solo fine di partecipare ad un atto di violenza, con lo scopo di rovesciare un Governo, di minare l'ordine costituzionale di un Paese o, infine, di porne in pericolo l'integrità territoriale. La Convenzione ONU impegna gli Stati firmatari a prevedere come reato, nel diritto interno, sia l'arruolamento di mercenari (comprensivo di ogni forma di addestramento, finanziamento ed impiego), sia l'attività propria di questi ultimi, nonché a perseguire in ogni caso gli autori di tali crimini, indipendentemente dal luogo di commissione del fatto e salvo estradizione. La legge n. 210 del 1995, nell'ottica della completa attuazione dello strumento di diritto internazionale, conia nuove fattispecie penali, corrispondenti ai modelli di incriminazione in esso previsti. Il suo art. 3 punisce, specificamente, l'attività del mercenario prevedendo ipotesi di reato in linea con le fattispecie definite in sede ONU. Il comma 1 dell'art. 3, di immediato interesse in questo giudizio, sanziona così la condotta del mercenario che combatte in un conflitto armato, tenendo conto di [continua ..]

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