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Termini di prescrizione per la transazione relativa al risarcimento danni da trasfusione di sangue infetto

Chiara Mattei

Con la sentenza n.16 del 5 novembre 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha interpretato la disposizione di cui all’articolo 5, comma 1, del DM 4 maggio 2012, cd. decreto moduli, nel senso che, non avendo tale atto forza di legge, si limita a delimitare l’arco temporale entro cuiper i soggetti danneggiati, o loro eredi, sul presupposto del danno subito esclusivamente iure hereditatis – è possibile accedere alla speciale procedura transattiva introdotta dalle leggi 222 e 224 del 2007, attuate dal regolamento n.132 del 2009 e dal decreto moduli, in favore delle vittime di trasfusione di sangue infetto o emoderivati infetti, che abbiano preventivamente instaurato un’azione risarcitoria.   

La vicenda che ha dato luogo alla pronuncia s’inserisce nel più ampio quadro fattuale della trasfusione di sangue o somministrazione di emoderivati infetti da virus delle epatiti HBV e HCV o dell’HIV, a danno di soggetti “talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali”, che tra gli anni ‘70 e ‘90 del secolo scorso ha interessato decine di migliaia di individui in Italia.   

In proposito, è opportuno rammentare che la Corte di Cassazione, da ultimo con sentenza n.14748/22, ha stabilito che il Ministero della Salute è tenuto a rispondere dei danni di tal specie provocati a partire dal 1 gennaio 1968, poiché a fare da spartiacque è la legge n. 592 del 14 luglio 1967 sulla “Raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano”. 

Nel caso di specie, a seguito del decesso di un soggetto, a causa della subita trasfusione di sangue infetto, gli eredi nel 2005 azionarono un procedimento nei confronti del Ministero della Salute per il risarcimento del danno extracontrattuale subito iure hereditatis e iure proprio e, successivamente, in pendenza del giudizio civile, chiesero di poter accedere alla speciale procedura transattiva introdotta dalle leggi 29.11.2007 n.222 e 31.12.2007, n.244 integrate dal regolamento n.132 del 28.04.2009. 

Detta procedura transattiva ha “la duplice finalità di incidere sul vasto contenzioso che la vicenda ha generato nonché di offrire in tempi rapidi (purtroppo solo auspicati) ai danneggiati o ai loro eredi un ristoro, sì da evitare che, specialmente nelle fasce di popolazione a basso reddito, al danno si associno ulteriori disagi sociali ed economici”. 

Alla richiesta il Ministero diede riscontro negativo, sul presupposto che fosse spirato il termine di cinque anni, richiesto dall’art. 5, co 1, lett. a), del DM 4 maggio 2012 per accedere alla procedura. 

Dall’impugnazione del decreto di rigetto prende le mosse il giudizio nell’ambito del quale è intervenuta la sentenza in epigrafe.  

In primo grado, il TAR per il Lazio confermava la legittimità del rigetto, sul presupposto che i ricorrenti non avessero in alcun modo dimostrato che l’instaurazione del giudizio civile fosse avvenuta, come richiesto dai termini prescrizionali dettati dal citato articolo alla lettera a), entro cinque anni dalla domanda di indennizzo o dalla piena conoscenza della patologia da parte del danneggiato. 

Diversamente, nel giudizio di gravame, dinanzi la III sezione del Consiglio di Stato, controversa era l’interpretazione della lettera b) dell’art. 5, co 1, del decreto moduli, poiché, ritenute inconferenti rispetto al caso di specie le previsioni della lettera a), in adesione alle difese degli appellanti, era da stabilirsi il valore da attribuire al termine decennale dettato dalla norma per la per la presentazione della domanda, in apparente contrasto con i termini di prescrizione dell’azione di risarcimento del danno aquiliano, fissati a cinque anni dal codice civile. 

In tal sede, la III sezione ha ritenuto necessario l’intervento della Plenaria onde rispondere a tre quesiti ermeneutici funzionali alla decisione del gravame, rispettivamente attinenti all’applicabilità dell’art. 5, co 1, lett. b) del DM moduli all’ipotesi di una richiesta di adesione alla transazione promanante dall’erede del danneggiato, il quale abbia agito in giudizio iure hereditatis; alla natura del  termine di dieci anni ivi previsto in rapporto alle regole generali in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex art. 2043 e all’esistenza o meno di un potere-dovere del giudice amministrativo di disapplicate un regolamento che sia in contrasto con una norma di legge primaria.   

Controversa era dunque l’interpretazione dell’art.5, co 1, del DM moduli.  

Il Collegio, nel ricostruire la cornice normativa, fa riferimento alla legge n. 210/1992, istitutiva  dell’indennizzo in favore dei soggetti danneggiati da sangue infetto, nonché alle citate leggi n. 222 e n. 224 del 2007, che hanno stanziato dei fondi destinati alla speciale procedura transattiva di cui al caso di specie. Disposizioni cui ha dato attuazione il DM n.132/2009, il quale – per quanto d’interesse in questa sede – ha previsto al suo art. 2, co 2 che le transazioni fossero stipulate nel rispetto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto.  

Sul punto, la Plenaria precisa che il quadro dei termini prescrizionali era, già dal 2008, incontroverso. Ai sensi di un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, onde stabilire il regime di prescrizione applicabile alle azioni di danno attivate dai congiunti di soggetti vittima di trasfusioni di sangue infetto o emoderivati infetti, è necessario guardare al titolo di responsabilità fatto valere - iure proprio o iure hereditatis - in correlazione con la qualificazione sul piano penale del fatto - dunque, nel primo caso la prescrizione sarà decennale, poiché il danno subito dai congiunti in via diretta deriva dall’omicidio colposo del soggetto emotrasfuso, diversamente, nel secondo caso l’azione fatta valere per il danno subito in vita dal soggetto deceduto, ha come presupposto il reato di lesioni (“il solo reato rispetto al quale il defunto avrebbe potuto avanzare una pretesa risarcitoria diretta”) e di conseguenza la prescrizione è a cinque anni.  

La Plenaria giunge poi al punctum pruriens della questione, trattando del DM 4 maggio 2012 del Ministero della Salute, in concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, esplicitamente di “natura non regolamentareavente lo scopo di definire i moduli transattivi, ovverosia, gli importi da applicare in detti moduli alle diverse categorie di soggetti.  

L’articolo 5, comma 1, individua i soggetti che possono richiedere di aderire alla speciale procedura transattiva a dette condizioni 

a) non siano decorsi più di cinque anni tra la data di presentazione della domanda per lindennizzo di cui alla legge 25.02.1992, n. 210 e la data di notifica dell'atto di citazione, da parte dei danneggiati viventi; 

  1. b) non siano decorsi più di dieci anni tra la data del decesso e la data di notifica dell'atto di citazione da parte degli eredi dei danneggiati deceduti;
  2. c) non sia già intervenuta una sentenza dichiarativa della prescrizione”.

La III sezione, posta la ritenuta inapplicabilità al caso di specie della lettera a), e l’esclusiva possibilità di riferirsi al danno subito dagli appellanti iure hereditatis, ha interrogato la Plenaria sulla possibilità di applicare la lettera b), prospettando diverse vie interpretative astrattamente idonee a conciliare la lettera della norma con i principi generali in tema di prescrizione. 

Tra queste, figura l’opzione ermeneutica alla quale ha aderito il Collegio in sentenza.  

Il DM 132/2009, nonché il decreto moduli, fonti e atti generali di natura applicativa, sono privi di forza di legge, ciò implica che non “avrebbero potuto prevedere alcunché di innovativo in materia di prescrizione”.  

Dalla lettura della norma controversa, l’unica previsione direttamente legata alla prescrizione inerisce agli effetti preclusivi derivanti da una sentenza che ne dichiari la decorrenza. Diversamente, i termini fissati, rispettivamente, alla lettera a) per i “danneggiati viventi” e alla lettera b) per gli “eredi dei danneggiati deceduti” rispondono alla necessità di circoscrivere l’arco temporale entro cui la domanda di risoluzione transattiva può essere presentata, in ragione di motivi prettamente organizzativi legati alla limitatezza delle risorse a disposizione (in opposizione alla vastità del contenzioso), con la possibilità di distinguere il grado di bisogno ed interesse del danneggiato dai tempi di attivazione del giudizio. Detta soluzione ermeneutica è l’unica, secondo l’Adunanza Plenaria, coerente con “il topos ermeneutico dell’interpretazione conforme”. 

In definitiva, nella pronuncia n. 16/2021 dell’Adunanza Plenaria, vengono dettati due principi interpretativi: 

a) la previsione di cui allart. 5, comma 1, lettera b), del D.M. 4 maggio 2012 comprende nel proprio ambito applicativo lipotesi della richiesta di adesione alla transazione formulata dallerede del danneggiato da emotrasfusioni, il quale abbia fatto valere in giudizio la propria pretesa al risarcimento del danno iure hereditatis; 

  1. b) il termine decennale contemplato dal citato art. 5, comma 1, lettera b), non è riferibile alla presunta prescrizione ma si limita a segnare l’ambito temporale entro il quale la pendenza del giudizio costituisce il necessario presupposto per l’ammissione alla transazione”.
Argomento: risarcimento danni
Sezione: Adunanza Plenaria

(Cons. St., Ad. Plen., 5 novembre 2021, n. 16)

Stralcio a cura di Davide Gambetta

“1. […] la vicenda contenziosa oggetto del presente giudizio, concernente la speciale procedura transattiva messa a disposizione dallo Stato a favore dei “soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti…”, che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni. […]. 1.2. La legge 25/2/1992 n. 210 ha riconosciuto un indennizzo ai soggetti danneggiati. Le successive leggi 29.11.2007 n. 222 e 31 dicembre 2007, n. 244 hanno inoltre previsto la possibilità per il Ministero della Salute di stipulare transazioni con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, che abbiano instaurato azioni di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. 1.3. Tali disposizioni sono state attuate con DM 28 aprile 2009, n. 132, che ha fissato i criteri in base ai quali definire le suddette transazioni. […]. La medesima fonte, all’art. 2, comma 2, ha precisato che per la stipula delle transazioni si tiene conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione […]. 1.4. Sul punto giova sin d’ora precisare che il quadro dei termini prescrizionali era, già al tempo dell’emanazione del regolamento in parola, assolutamente chiaro e definito: la Corte di Cassazione ha infatti chiarito sin dal 2008 (cfr. Cass. civ., n. 581/2008 e tutte le successive decisioni, tra cui Cass. civ., nn. 5964/2016 e 7254/2018) che il regime della prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante ai familiari della persona deceduta a causa di emotrasfusione va correlato al titolo della responsabilità fatto valere, in correlazione con la qualificazione penalistica della vicenda. […] 1.5. In sintesi, i congiunti, se agiscono iure hereditatis, non possono far valere altro che il reato di lesioni, perché quello è il solo reato rispetto al quale il defunto avrebbe potuto avanzare una pretesa risarcitoria diretta, e conseguentemente la prescrizione è quinquennale; viceversa, qualora essi agiscano iure proprio, cioè chiedendo il risarcimento di un danno [continua ..]

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